La battaglia di Algeri

Anno:
1966
Durata:
121

Sinossi

Alì La Pointe, assediato in una casa dai parà del tenente colonnello Mathieu, rievoca in un flashback i tre anni appena trascorsi che lo hanno visto diventare, da piccolo malvivente, leader della resistenza algerina. Dopo la presa di coscienza e l’inizio della militanza nel FLN (Fronte di Liberazione Nazionale), Alì guida gli algerini alla ribellione senza esclusione di colpi, con ogni tipo d’azione, attentati compresi. Alla fine, preso atto dell’impossibilità di costringerlo alla resa, i militari francesi lo fanno saltare in aria nel suo rifugio assieme a tre compagni di lotta.

La battaglia di Algeri è vinta dai colonialisti, ma tre anni dopo gli algerini si riversano nuovamente nelle strade al FLN e all’indipendenza.

Note a margine

Prodotto dalla Igor film-Roma in associazione con Casbah film-Algeri, premiato con il Leone d’oro al festival di Venezia del 1966, La  battaglia di Algeri viene da subito osteggiato dalle destre per la sua posizione dichiaratamente anticolonialista, soprattutto in Francia dove viene proiettato solo nel 1971, mentre l’accoglienza negli Stati Uniti è più calorosa e il film ottiene tre nominations all’Oscar.

La sceneggiatura di Franco Solinas e dello stesso Pontecorvo mira a una rappresentazione dello scontro che eviti ogni tentazione di manicheismo. Non vengono risparmiate scene di tortura da parte dei parà francesi, ma neppure attentati che vedono vittime tra gli algerini inermi.

Per questa attenzione a una narrazione scevra da ogni facile apologia del popolo colonizzato che lotta per la sua indipendenza, il film finì con lo scontentare sia la sinistra (e anche il governo di Algeri che coproduce il film) sia la destra, cosa che accade spesso a quel cinema “politico” che non dimentica di avere sguardo non condizionato da posizioni preconcette.

L’interesse che il film suscita è comunque legato alla sperimentazione formale che mette in campo: il linguaggio documentaristico, il perseguimento dell'”effetto realtà/verità” attraverso l’uso di macchine a mano e focali lunghe che simulano l’approccio del reporter di guerra costretto a filmare eventi drammatici (che “accadono” dinnanzi a lui) a una certa distanza, il bianco e nero di Marcello Gatti ad arte sgranato e trattato in stampa in modo da sembrare materiale di repertorio, si coniugano con i toni di un realismo critico che orchestra sapientemente l’aspetto visivo e sonoro in chiave epica. Nel contempo, la rigorosa documentazione storiografica non impedisce una scrittura filmica attenta al coinvolgimento emotivo del pubblico.

Artistic Cast:
Brahim Hadjadj (Ali La Pointe) Jean Martin (Colonnello Mathieu)
Crew:
regia Gillo Pontecorvo soggetto e sceneggiatura Gillo Pontecorvo Franco Solinas fotografia Marcello Gatti montaggio Mario Morra Mario Serandei scenografia Sergio Canevari musica Ennio Morricone Gillo Pontecorvo
Direction notes:
Prodotto dalla Igor film-Roma in associazione con Casbah film-Algeri, premiato con il Leone d'oro al festival di Venezia del 1966, La  battaglia di Algeri viene da subito osteggiato dalle destre per la sua posizione dichiaratamente anticolonialista, soprattutto in Francia dove viene proiettato solo nel 1971, mentre l'accoglienza negli Stati Uniti è più calorosa e il film ottiene tre nominations all'Oscar. La sceneggiatura di Franco Solinas e dello stesso Pontecorvo mira a una rappresentazione dello scontro che eviti ogni tentazione di manicheismo. Non vengono risparmiate scene di tortura da parte dei parà francesi, ma neppure attentati che vedono vittime tra gli algerini inermi. Per questa attenzione a una narrazione scevra da ogni facile apologia del popolo colonizzato che lotta per la sua indipendenza, il film finì con lo scontentare sia la sinistra (e anche il governo di Algeri che coproduce il film) sia la destra, cosa che accade spesso a quel cinema "politico" che non dimentica di avere sguardo non condizionato da posizioni preconcette. L'interesse che il film suscita è comunque legato alla sperimentazione formale che mette in campo: il linguaggio documentaristico, il perseguimento dell'"effetto realtà/verità" attraverso l'uso di macchine a mano e focali lunghe che simulano l'approccio del reporter di guerra costretto a filmare eventi drammatici (che "accadono" dinnanzi a lui) a una certa distanza, il bianco e nero di Marcello Gatti ad arte sgranato e trattato in stampa in modo da sembrare materiale di repertorio, si coniugano con i toni di un realismo critico che orchestra sapientemente l'aspetto visivo e sonoro in chiave epica. Nel contempo, la rigorosa documentazione storiografica non impedisce una scrittura filmica attenta al coinvolgimento emotivo del pubblico.

Selezione film

La rete degli spettatori porta film di qualità nelle sale e nelle scuole, facendo incontrare il pubblico con registi, sceneggiatori e attori.