Diaz

Anno:
2011
Durata:
120

Sinossi

Luca (Elio Germano) è un giornalista della “Gazzetta di Bologna”. È il 20 luglio 2001, l’attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo. Alma (Jennifer Ulrich) è un’anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse insieme a Marco (Davide Jacopini), un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, una giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick (Fabrizio Rongione) è un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell’economista Susan George. Anselmo (Renato Scarpa) è un vecchio militante della CGIL e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne (Ralph Amoussou) e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire. Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.

Poco prima della mezzanotte centinaia di poliziotti irrompono nel complesso scolastico Diaz-Pascoli, sede del Genoa Social Forum adibita per l’occasione a dormitorio. In testa c’è il VII nucleo comandato da Max, seguono gli agenti della Digos e della mobile, mentre i carabinieri cinturano l’isolato. È un massacro in piena regola. Quando Max dà ordine ai suoi di fermarsi, è tardi. 93 persone presenti nella scuola, oltre a essere in arresto, hanno subìto una violenza inaudita senza aver opposto alcuna resistenza. Luca e Anselmo finiscono in ospedale, Alma dopo essere stata medicata viene condotta alla caserma di Bolzaneto. All’alba Etienne e i suoi amici escono dal bar dove si sono rifugiati durante la notte. Tutto è silenzio, deserto. Si fanno strada verso la Diaz, ma una volta dentro trovano solo sangue e distruzione. Anche Marco non si trovava alla Diaz durante l’incursione. Ha passato la notte con Maria, una ragazza spagnola conosciuta in quei giorni. Quando la mattina, in una Genova devastata e irreale, raggiunge la scuola, la luce del sole mette ancor più in evidenza le proporzioni del massacro. Sconvolto raggiunge il suo  ufficio, squilla il telefono: è la madre di Alma. Marco non sa cosa sia successo alla ragazza ma promette che farà di tutto per trovarla.

A Bolzaneto, per Alma e decine di altri ragazzi, l’incubo non è ancora finito.

Dalla Scheda PDF di approfondimento

Mostrando i due diversi “campi” (caserma di polizia-uffici delle istituzioni e strade di Genova-scuola Diaz), nel classico montaggio alternato che prelude allo scontro, Vicari rafforza l’umanizzazione dei protagonisti, rendendo più incomprensibile l’esplodere della violenza in una sorta di banalizzazione del male. Il poliziotto interpretato da Claudio Santamaria e il suo amico appaiono più rassicuranti e “normali”, e tuttavia nella loro impotenza finiscono col rendere ancora più agghiacciante ciò che ci viene mostrato. Il giovane giornalista di destra, interpretato da Elio Germano, pestato assieme a un anziano esponente della CGIL sembrano voler testimoniare il carattere a-ideologico della violenza. Anche il movimento avantiindietro del montaggio, che nulla ha a che fare con i classici flash-back/forward tradizionalmente intesi, suggerisce una sorta di fatalità, di “già accaduto”, che permette solo una fredda esplorazione, un’osservazione asettica (o anestetizzata dallo stupore).

Dalle Note di regia

È vero, un manipolo di cosiddetti Black Block ha devastato negozi e incendiato automobili provocando danni consistenti, ma in virtù di questo presupposto si è deciso che a pagare il prezzo di quelle devastazioni dovessero essere un centinaio di persone non identificate e quindi non automaticamente riconducibili ai devastatori, radunate in una scuola legalmente concessa al Genoa Social Forum, e si è deciso di procedere con metodi che fanno fare un passo indietro di 80 anni alla nostra democrazia. Ma anche supponendo che i presenti fossero stati tutti incalliti Black Block, in base a quali norme si è potuto prendere una simile iniziativa? E in base a quali principi democratici?

Trailer:
Artistic Cast:
Claudio Santamaria (Max Flamini) Jennifer Ulrich (Alma Koch) Elio Germano (Luca Gualtieri) Davide (Iacopini (Marco) Ralph Amoussou (Etienne) Fabrizio Rongione (Nick Janssen) Renato Scarpa (Anselmo Vitali) Mattia Sbragia (Armando Carnera) Antonio Gerardi (Achille Faleri) Paolo Calabresi (Francesco Scaroni) Francesco Acquaroli (Vinicio Meconi) Alessandro Roja (Marco Cerone) Eva Cambiale (Donata Stranieri) Rolando Ravello (Rodolfo Serpieri) Monica Bîrlădeanu (Costantine Giornal) Emilie De Preissac (Cecile) Ignazio Oliva (Marzio Pisapia) Camilla Semino (Franci) Aylin Prandi (Maria) Michaela Bara (Karin) Sarah Marecek (Inga) Lilith Stanghenberg (Bea) Christian Blumel (Ralph) Christoph Letkowski (Rudy) Ester Ortega (Ines) Pietro Ragusa (Aaron) Gerry Mastrodomenico (Sesto Vivaldi)
Crew:
soggetto e regia Daniele Vicari sceneggiatura Daniele Vicari Laura Paolucci in collaborazione con Alessandro Bandinelli Emanuele Scaringi fotografia Gherardo Gossi scenografia Marta Maffucci costumi Roberta Vecchi Francesca Vecchi suono Remo Ugolinelli Alessandro Palmerini organizzatore generale Gianluca Leurini montaggio Benni Atria musica Teho Teardo prodotto da Domenico Procacci per Fandango co-prodotto con Bobby Paunescu Jean Labadie in co-produzione con Mandragora Movies Le Pacte
Direction notes:
«Premessa Il G8 di Genova svoltosi nel luglio 2001 è stato un evento enorme, ha coinvolto i capi di stato di tutto il mondo, ha visto l'arrivo di centinaia di migliaia di manifestanti anch'essi da tutto il mondo, ha visto la presenza di una quantità mai impiegata prima in Italia di forze dell'ordine. Migliaia di video attivisti, operatori televisivi, video operatori delle forze dell'ordine, fotografi e registi cinematografici hanno ripreso ogni cosa, ogni momento, ogni assemblea, ogni vetrina infranta, ogni carica della polizia. Nell'archivio del Genoa Legal Forum sono conservate migliaia di ore di riprese video e fotografie. Tutto è stato documentato. Tutto, tranne ciò che è accaduto dentro la scuola Diaz e dentro la caserma di Bolzaneto. I fatti della Diaz e di Bolzaneto hanno dato luogo a due lunghi e drammatici processi che, mentre scrivo, non sono ancora conclusi. La lettura degli atti (www.processig8.org/) è sconvolgente, toglie letteralmente il sonno e getta un'ombra sinistra sulla nostra democrazia. E mette in discussione un luogo comune molto radicato, quello secondo cui certe cose possono accadere soltanto sotto regimi politici autoritari. È per questo che ho pensato fin da subito che avrei voluto guardarle in faccia e comprenderle fino in fondo, perché mi riguardano, sono parte della mia vita di cittadino italiano ed europeo. È vero, un manipolo di cosiddetti Black Block ha devastato negozi e incendiato automobili provocando danni consistenti, ma in virtù di questo presupposto si è deciso che a pagare il prezzo di quelle devastazioni dovessero essere un centinaio di persone non identificate e quindi non automaticamente riconducibili ai devastatori, radunate in una scuola legalmente concessa al Genoa Social Forum, e si è deciso di procedere con metodi che fanno fare un passo indietro di 80 anni alla nostra democrazia. Ma anche supponendo che i presenti fossero stati tutti incalliti Black Block, in base a quali norme si è potuto prendere una simile iniziativa? E in base a quali principi democratici? Per perseguire reati contro le cose, uno Stato ha il diritto di commettere così gravi reati contro le persone? A posteriori mi chiedo anche: non è che per caso Genova 2001 abbia dato inizio ad una crisi sociale e istituzionale profondissima che in un decennio di "fantapolitica" ha portato l'Italia sull'orlo del baratro? Il film Già in fase di sceneggiatura abbiamo cercato di raccontare il senso di spaesamento che tutti coloro che hanno partecipato al G8 ricordano. Sia manifestanti che poliziotti, giornalisti e cittadini casualmente coinvolti negli eventi, una sorta di caos terrificante. Durante le riprese ho avuto vari momenti di difficoltà realizzando le scene più cruente, perché in quei momenti ho compreso fino in fondo l'inferno che si è sviluppato dentro quei luoghi. Mi sono chiesto in continuazione: fino a che punto posso spingermi nella rappresentazione di quella violenza? che senso ha questa violenza estrema e da dove viene? che democrazia è quella che mi spoglia, mi violenta, mi priva di identità e di diritti? Una delle cose che mi ha sempre colpito di più nei racconti delle persone che hanno partecipato a quel G8, è la sensazione di non poter sfuggire al proprio destino, come in un incubo. Questo elemento è filtrato prepotentemente nel film, l'ho capito mentre giravamo la scena difficilissima in cui Jennifer Ulrich (Alma) era costretta a spogliarsi davanti ai carcerieri. Lei si è voltata e ho letto sul collo un tatuaggio, la scritta: "Destiny". La cosa mi ha sorpreso, ho pensato a una decisione di trucco sfuggita al mio controllo e mi è sembrata una didascalia fuori luogo. Invece no, si tratta di un tatuaggio che Jennifer si è fatta chissà quando. Quel tatuaggio ha concretizzato in me un'altra domanda: qual è la misura oltre la quale non siamo più padroni della nostra vita? La struttura narrativa del film sollecita queste domande, la circolarità del racconto intorno a un accadimento marginale della giornata del 21 luglio 2001, di qualche ora precedente all'irruzione, cioè il passaggio di un "pattugliane" della polizia davanti la scuola Diaz, mette contemporaneamente in campo diversi livelli narrativi e sottolinea l'assurda ineluttabilità che ha portato agli esiti estremi raccontati nei processi. I diversi livelli narrativi si intrecciano con diversi punti di vista incarnati da alcuni personaggi che si muovono nei luoghi fondamentali della storia, inconsapevoli di ciò che sta per capitare loro. E io con loro mi chiedo cosa stia capitando, perdo ogni certezza, finisco in un labirinto senza via d'uscita. Gli attori Ho scelto gli attori oltre che per la bravura, anche in base al loro coinvolgimento emotivo nel racconto. Avevo bisogno di persone capaci di inventare un personaggio coerente con la storia raccontata, avendo talvolta poche scene a disposizione, pochi gesto, uno sguardo, una battuta. Ho avuto la fortuna di avere attori di grande spessore anche in piccolissime parti e questo ha arricchito enormemente il film. I personaggi sono ispirati ai racconti di persone realmente coinvolte negli eventi, ma fin dalla fase di sceneggiatura ho voluto creare caratteri e figure autonomi, lasciando poi completamente liberi gli attori, liberi anche di "imitare" qualche caratteristica delle persone reali, carpita magari dai repertori o da incontri che qualcuno ha voluto tenere, ma senza mai dimenticare di far parte di un gioco creativo, non di un tentativo di imitazione del reale. Gli attori hanno condiviso radicalmente questa impostazione e mi hanno regalato la loro enorme libertà espressiva. Il fatto poi che provenissero da varie parti d'Europa, ha fatto sì che sul set si respirasse un'aria effettivamente internazionale: tedeschi, francesi, belgi, italiani, spagnoli, rumeni, inglesi e americani tutti insieme esattamente come accadde nel Media Center di Via Battisti. La lavorazione In Romania abbiamo ricostruito via Battisti, una scenografia lunga 250 mt. Una piccola grande impresa produttiva ed artistica. Vederla crescere durante le settimane di preparazione è stato impressionante: dal nulla di un gigantesco piazzale di cemento alla periferia di Bucarest è venuto su un intero quartiere di Genova! Le riprese sono state faticosissime ma molto coinvolgenti per tutti. Diaz è un po' come un film di guerra, ha avuto bisogno di un grande lavoro di stuntman, effetti speciali, numerose auto di scena e mezzi tecnici abbondanti, una cosa inusuale per la nostra cinematografia. Per realizzare un film così impegnativo ci vuole certamente un produttore che creda nel progetto fino in fondo, ma crederci non basta: in questo caso Domenico Procacci non si è limitato infatti a fare il produttore, è entrato nella materia del film con tatto e passione, fin dall'inizio, facendo con me e Laura Paolucci le ricerche, gli incontri, infinite discussioni sul senso di ogni scena, dando via via un apporto artistico ed umano fondamentale, fino all'ultima lavorazione.» Daniele Vicari

Selezione film

La rete degli spettatori porta film di qualità nelle sale e nelle scuole, facendo incontrare il pubblico con registi, sceneggiatori e attori.