Zoran, il mio nipote scemo

Anno:
2013
Durata:
106

Sinossi

Paolo Bressan trascorre le sue giornate da Gustino, gestore di un’osteria in un piccolo paese vicino a Gorizia. Un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del gomito alzato ma anche della menzogna compulsiva, che lavora di malavoglia in una mensa per anziani e insegue senza successo l’idea di riconquistare Stefania, la sua ex moglie.

Ma le cose cambiano con l’entrata in scena di Zoran, un quindicenne occhialuto lasciatogli in “eredità” da una lontana parente slovena, che parla in modo strano e sembra anche un po’ ritardato. Scopre così di essere zio, e la cosa lo disgusta. Solo quando si accorge che suo nipote Zoran è un vero fenomeno a lanciare le freccette, si ricrede. Ogni anno si svolgono i campionati mondiali di freccette con un montepremi di 60 mila euro e Paolo non ha nessuna intenzione di lasciarsi scappare questa opportunità. Grazie a Zoran comincia a pensare di poter fare finalmente centro nella sua vita…

Ci riuscirà? Una cosa è certa: Paolo s’è svegliato da un letargo che durava da sempre e ha iniziato a inseguire un riscatto personale. Ma Paolo l’inaffidabile, Paolo l’insopportabile, Paolo l’alcolista, prima di vincere qualsiasi gara di freccette, sarà in grado di sconfiggere se stesso?

Dalle Note di regia

Un tempo pensavo che in un paese non accadesse nulla d’interessante e che solo la città potesse essere un luogo vitale di scambio e d’interazione. Oggi sono pronto a ricredermi. Ho capito che la città può raffreddare e inibire il contatto: le persone hanno modo di nascondersi, di confondersi, di perdersi. In una grande città è sufficiente frequentare quartieri differenti per non incontrarsi per mesi, per anni. In un paese questo non accade. Le dimensioni di un piccolo centro di provincia costringono a partecipare alla vita di tutti, che lo si voglia o meno: impossibile sottrarsi all’attenzione della collettività, impossibile nascondersi, impossibile perdersi di vista.

 

Trailer:
Artistic Cast:
Giuseppe Battiston (Paolo) Teco Celio (Gustino) Rok Prašnikar (Zoran) Robero Citran (Alfio) Marjuta Slamič (Stefania) Peter Musevski (notaio) Riccardo Maranzana (Ernesto) Ivo Barišič (dott. Vrtovec) Jan Cvitkovič (Jure) Maurizio Fanin (Jožko) Mirela Kovačevič (barista) Ariella Reggio (Clara) Rossana Mortara (vigilessa) Doina Komissarov (Anita) Sylvain Chomet (guru delle freccette) Karolina Černic Marco Valdemarin Pierpaolo Bordin Giorgio Wenigg Jože Bukovec Bogdana Bratuž Marc Biscontini Coro: Paolo Boro Ivan Prugnola Luigi Spessot Alessandro Gregorat Alessandro Bressan Ruggero Giraldi Fabio Comelli Enrico Luca Erminio Amori Massimo Devitor
Primary Cast:
Crew:
regia Matteo Oleotto soggetto Daniela Gambaro Pier Paolo Piciarelli Matteo Oleotto sceneggiatura Daniela Gambaro Pier Paolo Piciarelli Matteo Oleotto Marco Pettenello fotografia Ferran Paredes Rubio montaggio Giuseppe Trepiccione musica Antonio Gramentieri con Sacri Cuori suono di presa diretta Emanuele Cicconi scenografia Vasja Kokelj Anton Špacapan Vončina costumi Emil Cerar acconciature Petra Hartman Talija Ivančič casting Antonella Perrucci prodotto da Igor Prinčič coprodotto da Miha Černec produttore esecutivo Ognjen Dizdarević organizzatore generale Luca Emiliano Pancaldi aiuto regista Andrea Pagani segretaria di edizione Petra Trampuž Bočevska dialogue coach Rossana Mortara montaggio del suono Daniela Bassani Marzia Cordò Stefano Grosso effetti visivi Paola Trisoglio Stefano Marinoni (Visualogie) una coproduzione Transmedia / Staragara in associazione con Arch Production & Transmedia Production con il supporto di Eurimages MiBAC Slovenski Filmski Center Javna Agencija Viba Film in collaborazione con Friuli Venezia Giulia Film Commission Regione Friuli Venezia Giulia
Direction notes:
«Dopo 13 anni trascorsi a Roma ho deciso di ritornare a casa mia, in Friuli Venezia Giulia, per girare il mio primo film. Gli anni trascorsi a Roma mi sono serviti per studiare e per formarmi come regista, ma anche per scrollarmi di dosso le dinamiche del piccolo centro in cui sono nato e cresciuto, nelle quali ero letteralmente immerso. Proprio questo distacco e il mio conseguente ritorno, mi hanno regalato la lucidità nell’osservarle che altrimenti non avrei avuto. E una grande voglia di raccontarle. Un tempo pensavo che in un paese non accadesse nulla d'interessante e che solo la città potesse essere un luogo vitale di scambio e d'interazione. Oggi sono pronto a ricredermi. Ho capito che la città può raffreddare e inibire il contatto: le persone hanno modo di nascondersi, di confondersi, di perdersi. In una grande città è sufficiente frequentare quartieri differenti per non incontrarsi per mesi, per anni. In un paese questo non accade. Le dimensioni di un piccolo centro di provincia costringono a partecipare alla vita di tutti, che lo si voglia o meno: impossibile sottrarsi all'attenzione della collettività, impossibile nascondersi, impossibile perdersi di vista. Centro nevralgico di queste dinamiche è la piazza del paese e, in una terra come la mia, l'osteria, dove si incrociano volti, informazioni, esistenze, frustrazioni, passioni. L'osteria vista come palcoscenico che accoglie professionisti e attori allo sbaraglio, come luogo in cui ci si rifugia per sollevare questioni e da cui si esce senza aver avuto delle risposte. Nel mio film ho voluto raccontare come le vicissitudini di un uomo che si ritrova improvvisamente costretto a gestire la vita di un nipote s'intreccino a quelle della piccola collettività che, come un bassorilievo animato, fa da sfondo alla vicenda. Anni fa ho conosciuto un adolescente schivo e timido, con un gran talento per il gioco delle freccette. Soltanto con le sue freccette in mano e lo sguardo fisso sul bersaglio accettava di trovarsi al centro dell'attenzione di tutti. Nei rapidi minuti in cui si svolgeva il gioco diventava forte e quasi spregiudicato nel relazionarsi con gli altri e nei suoi occhi brillavano lampi d'intelligenza. Terminata la competizione rientrava sotto l’ombra della sua consueta timidezza. Mi ha molto colpito il modo in cui una grande passione potesse arrivare a cambiare i contorni del carattere di un giovane ragazzo, seppur momentaneamente. E così ho deciso di fare di lui il mio Zoran. Paolo invece è un distillato delle tante persone che animano la mia piccola città. Persone che passano le loro giornate a fantasticare sui luoghi in cui vorrebbero andare anche se sanno che non se ne andranno mai. Individui che hanno trascorso una settimana a Parigi in viaggio di nozze vent'anni fa, e che parlano delle capitali europee come se le avessero conosciute tutte. Uomini che vivono contemporaneamente l'orgoglio e la frustrazione di non essersene andati, e mettono a tacere il contrasto di emozioni ordinando un altro bicchiere di vino. Un personaggio occulto di questo film è senza dubbio il vino. Se nel resto d'Italia si usa l'espressione "ci vediamo per un caffè?", in Friuli si dice "ci vediamo per bere un bicchiere?", e che si tratti di vino e sottinteso. Il vino fa prendere delle decisioni importanti e perdere importanti occasioni; il vino confonde, enfatizza, stordisce o rallegra. Il vino come complice di Paolo nei suoi piani inconcludenti e che accompagna la sua ostinata solitudine; il vino come merce di scambio, come filo rosso nei racconti d'osteria, il vino che motiva il fallimento o come fattore di dipendenza spesso inconscia. È una commedia rigorosa nonostante ci sia una ex moglie che invita a pranzo l'ex marito alla presenza dell'attuale convivente, nonostante una donna anziana passi il suo tempo a bere di nascosto dal figlio, nonostante ci sia un uomo che cerca in Dio la forza per smettere di bere e nonostante un protagonista arrabbiato e cinico cerchi di farsi i soldi e di recuperare un amore attraverso un nipote scemo capace di giocare a freccette. Vi sembra impossibile? A me no.» Matteo Oleotto

Selezione film

La rete degli spettatori porta film di qualità nelle sale e nelle scuole, facendo incontrare il pubblico con registi, sceneggiatori e attori.