Alì ha gli occhi azzurri

Anno:
2012
Durata:
99

Sinossi

Ostia, il lungomare di Roma, inverno. Due ragazzi di sedici anni, alle otto del mattino, rubano un motorino, fanno una rapina, e alle nove entrano a scuola.

Nader e Stefano: uno è egiziano ma è nato a Roma, l’altro è italiano ed è il suo migliore amico. Anche Brigitte, la fidanzata di Nader, è italiana, ma proprio per questo i genitori del ragazzo sono contrari al loro amore. Nader allora scappa di casa.

Alì ha gli occhi azzurri racconta una settimana della vita di un adolescente che prova a disubbidire ai valori della propria famiglia. In bilico tra l’essere arabo o italiano, coraggioso e innamorato, come il protagonista di una fiaba contemporanea, Nader dovrà sopportare il freddo, la solitudine, la strada, la fame e la paura, la fuga dai nemici e la perdita dell’amicizia, per tentare di conoscere la propria identità.

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Nader è, in questo senso, un personaggio in lotta, nascosto dietro lenti azzurre e insieme anche sincero fino al pianto, magari sotto la finestra d’una ragazza con cui condividere una fedina irrinunciabile e segno di fedeltà; magari sballottato proprio dalla fedeltà, da aderenza a fedeltà diverse che gli sembrano incompatibili. La sua lotta è quella di molti immigrati di seconda generazione, in bilico tra quel che si deve preservare delle proprie origini e quel che altrettanto si deve raccogliere dall’ambiente in cui si vive.

Dalle Note di regia

Alì ha gli occhi azzurri è un film che vuole raccontare l’adolescenza nella società multiculturale italiana di oggi: la vitalità e la complessità dell’adolescenza, la turbolenta ricerca di un’identità, che l’origine non italiana del protagonista di questa storia rende ancor più difficile. Nader, egiziano nato a Roma, diventa per me emblema della seconda generazione italiana: l’identità nel suo farsi, in bilico tra l’eredità della religione e della legge del padre e i costumi occidentali del presente italiano. Nader è in divenire attraverso questa sospensione, e il tentativo inconsapevole di conoscere se stesso diventa un racconto di formazione epico e quotidiano che dura sette giorni. A volte l’integrazione, nei territori più periferici, si confonde con l’omologazione, con la perdita della propria appartenenza culturale e religiosa, per sposare il presente nichilista della società dei consumi. Ma scegliendo di stare sempre accanto a Nader, solo un passo dietro di lui, le ragioni che prevalgono nella sua battaglia quotidiana sono quelle dell’adolescenza, con i suoi valori morali assoluti: l’amore vissuto senza confini e l’amicizia che è fratellanza. Il punto di partenza di questo lavoro è stato proprio il conflitto che Nader viveva, come essere umano, prima di diventare personaggio: l’amore per una ragazza italiana, vissuto quasi in clandestinità, contro il divieto dei propri genitori e della propria cultura (haram – quello che l’Islam considera proibito).

Trailer:
Artistic Cast:
Nader Sarhan (Nader) Stefano Rabatti (Stefano) Brigitte Apruzzesi (Brigitte) Marian Valenti Adrian (Zoran) Cesare Hosny Sarhan (padre di Nader) Fatima Mouhaseb (madre di Nader) Yamina Kacemi (Laura) Salah Ramadan (Mahmoud) Marco Conidi (padre di Brigitte) Alessandra Roca (madre di Brigitte) Elisa Geroni (Eleonora) Roberto D'Avenia (Ruggero) Totò Onnis (vigile) Alfonso Prudente (vigile) Adrian Carana (Petre) Alexandru Gabriel Stan (Adrian) Ionut Cotnareanu (Ionut) Fabiano Mattei (Roscio) Andrei Vladimirov Pogrevnoi (Sergei) Monica Picca (professoressa) Luana Rossi (insegnante di salsa) Carnen Trincu (prostituta)
Crew:
regia Claudio Giovannesi soggetto Claudio Giovannesi Filippo Gravino con la collaborazione di Francesco Apice sceneggiatura Claudio Giovannesi Filippo Gravino fotografia Daniele Ciprì operatore di macchina Guido Michelotti scenografia Daniele Frabetti costumi Medile Siaulytyte montaggio Giuseppe Trepiccione suono Angelo Bonanni organizzazione generale Francesco Tatò prodotto da Fabrizio Mosca per Acaba Produzioni con RAI Cinema distribuzione BIM Distribuzione
Direction notes:
«Alì ha gli occhi azzurri è un film che vuole raccontare l'adolescenza nella società multiculturale italiana di oggi: la vitalità e la complessità dell'adolescenza, la turbolenta ricerca di un'identità, che l'origine non italiana del protagonista di questa storia rende ancor più difficile. Nader, egiziano nato a Roma, diventa per me emblema della seconda generazione italiana: l'identità nel suo farsi, in bilico tra l'eredità della religione e della legge del padre e i costumi occidentali del presente italiano. Nader è in divenire attraverso questa sospensione, e il tentativo inconsapevole di conoscere se stesso diventa un racconto di formazione epico e quotidiano che dura sette giorni. A volte l'integrazione, nei territori più periferici, si confonde con l'omologazione, con la perdita della propria appartenenza culturale e religiosa, per sposare il presente nichilista della società dei consumi. Ma scegliendo di stare sempre accanto a Nader, solo un passo dietro di lui, le ragioni che prevalgono nella sua battaglia quotidiana sono quelle dell'adolescenza, con i suoi valori morali assoluti: l'amore vissuto senza confini e l'amicizia che è fratellanza. Il punto di partenza di questo lavoro è stato proprio il conflitto che Nader viveva, come essere umano, prima di diventare personaggio: l'amore per una ragazza italiana, vissuto quasi in clandestinità, contro il divieto dei propri genitori e della propria cultura (haram – quello che l'Islam considera proibito). Per sfiorare la verità abbiamo messo in scena quel conflitto con Hosny e Fatima, i reali genitori di Nader, e con Brigitte, la ragazza di cui è davvero innamorato, grazie ad una generosa disponibilità da parte loro a una delicata auto-rappresentazione. Protagonista del film è anche Ostia, il lido di Roma, la spiaggia di inverno, un territorio per sua natura più multietnico della capitale. Quasi tutto è raccontato attraverso il punto di vista di Nader: la posizione della macchina da presa è determinata dal suo sguardo, dal suo corpo e dalle sue azioni, in un pedinamento continuo e dinamico in metropolitana, a piedi, in motorino, sulla provinciale, avanti e indietro dalla periferia al centro: gli adolescenti non si fermano mai, non conoscono l'immobilità e noi viviamo l'azione del film insieme al loro movimento vitale, gioioso, chiassoso. Ma non c'è soluzione al conflitto che Nader porta dentro, tra amore e proibizione, tra la cultura di adozione e quella di appartenenza: resta solo la coscienza e la ricchezza della propria contraddizione.» Claudio Giovannesi

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